Un numero crescente di ricercatori accademici sta attingendo dati dai social media per conoscere sia online che offline il comportamento umano, cercando di imporre la teoria che tali analisi abbiano la capacità di prevedere tutto, dai blockbuster estivi alle fluttuazioni del mercato azionario. Ma alla prova dei fatti i social network sono molto spesso fuorvianti. Questo il punto di uno studio secondo gli scienziati informatici della McGill University di Montreal e la Carnegie Mellon University di Pittsburgh.
I ricercatori impiegano enormi sforzi nell’analizzare i social network per capire il comportamento degli utenti e “molte di queste ricerche sono utilizzate per informare e motivare le decisioni e gli investimenti tra il pubblico e l’industria e addirittura del governo“, afferma Derek Ruths, un assistente professore alla School of Computer Science della McGill. In un articolo pubblicato il 28 novembre della rivista Science, Ruths e Jürgen Pfeffer dell’Istituto di Carnegie Mellon per la Software Research si evidenziano invece diversi rischi di analisi e limiti di questa pratica:
- Diverse piattaforme di social media attirano diversi utenti – Pinterest, per esempio, è dominata dalle donne di età compresa tra 25-34 e di questi dati ancora molte ricerche non tengono conto e rischiano di distorcere i risultati.
- I dati disponibili sui feed utilizzati nella ricerca sui social media non sempre forniscono una rappresentazione accurata complessiva della piattaforma – e i ricercatori sono generalmente all’oscuro su quando e come i social media filtrano il loro flusso di dati.
- Il modo con cui sono organizzate le piattaforme dei social media può cambiare i risultati. Ad esempio su Facebook l’assenza di un tasto “non mi piace” rende praticamente impossibile sapere cosa non va alle persone: si possono ovviamente dare riscontri su quello che la gente preferisce, ma non il contrario, se non per supposizione.
- Un gran numero di spammer e bot, mascherati da normali utenti sui social media, vengono erroneamente inseriti in molte misurazioni e previsioni del comportamento umano. Ad esempio, gli sforzi per dedurre l’orientamento politico degli utenti di Twitter può raggiungere a malapena il 65% di precisione per gli utenti tipici – anche se gli studi (mettendo gli utenti politicamente attivi) hanno sostenuto il 90% di precisione.
“Il filo conduttore in tutti questi temi è la necessità per i ricercatori di essere più consapevoli di quello che stanno realmente analizzando quando si lavora con i dati dei social media”, conclude Ruths.
“Articolo tratto dalla ricerca di “Social Media for Large Studies of Behavior,” Ruths and Pfeffer, Science, Nov. 28, 2014. http://www.sciencemag.org/content/346/6213/1063.summary