L’azienda che decide di promuovere la propria attività su internet si trova davanti ad una gamma sterminata di possibilità e delusioni. Solitamente, l’impresa si rivolge ad una agenzia pubblicitaria, che prepara una strategia e la propone ai responsabili, i quali però, specie nelle PMI, non sono degli specialisti. Per questo la Dott.ssa Andreina Mandelli, Professore presso il Dipartimento di Marketing Management all’Università Bocconi, ci aiuta a comprende come funzionano e quando usare i principali strumenti del web.
Iniziamo a discutere delle campagne pubblicitarie basate su banner (Display Advertising). Come funzionano e quando vanno usate?
Il display advertising è uno strumento che contatta delle persone che stanno facendo altro, leggendo un articolo, guardando un video su Youtube o consultando una locandina di un film su un sito specializzato, e propongono in quel momento, un messaggio relativo ad un prodotto od un servizio. In questa dinamica è il messaggio che raggiunge il possibile cliente, in una logica che nel marketing viene definita Push.
Questo tipo di advertising è il più adatto quando l’azienda vuole affermare il proprio marchio, la propria esistenza e i suoi valori nell’immaginario delle persone, facendo in modo che una parte del mercato diventi consapevole di quel prodotto o attività oppure quando non esiste ancora l’impulso all’acquisto di una marca o addirittura di un prodotto e questo deve essere costruito, proprio con campagne di questo tipo.
E’ riservato all’obiettivo di affermazione del marchio, dunque?
No. Anche nel display advertising possiamo ottenere una Direct response, ovvero una risposta o azione concreta, come l’acquisto di un biglietto per un concerto, ma diciamo che è uno strumento fortemente orientato alla creazione di una consapevolezza da parte del cliente.
E la pubblicità sui motori di ricerca? o Keyword Advertising?
Qui siamo in una logica diversa, siamo ad uno stadio del processo decisionale di acquisto più avanzato: in questo caso il cliente ha già sviluppato una propensione all’acquisto, e cerca un servizio o prodotto per il quale ha ormai sviluppato un minimo di interesse, e noi ci facciamo trovare pronti per esaudire i suoi desideri, secondo un approccio definito “Pull”.
Anche qui possiamo sviluppare con la nostra presenza una promozione del marchio, ma che è limitata ad un link su un motore di ricerca. Ci troviamo in uno strumento decisamente più costruito per una risposta diretta e sono veramente una sostenitrice di questo approccio.
Quale delle due dovrebbe scegliere un’azienda che vuole iniziare e ha magari un budget limitato?
Devo essere corretta nel dire che non c’è una risposta generale. Ma posso suggerire come bisogna pensare: trattare l’advertising come un insieme di strumenti che servono solo a farci vedere, slegando questo discorso dal marketing puro, porta ad una gestione miope. La base di partenza deve essere una strategia di marketing molto precisa, di cui la scelta degli strumenti di advertising è una conseguenza. Se non c’è, bisogna prima svilupparla e poi passare all’azione.
In questo senso non bisogna considerare queste soluzioni come una alternativa all’altra, devono essere viste come un insieme. E non bisogna cadere nelle frasi fatte come “I banner li fanno le aziende come Barilla, gli annunci le imprese con pochi soldi”. Anche una campagna di banner mirata può giovare ad una piccola impresa.
Come deve essere utilizzato il SEO?
L’ottimizzazione per i motori di ricerca è un altro strumento veramente formidabile. In questo caso possiamo farci trovare da chi ci sta cercando e descrivere quello che facciamo in modo ancora più completo rispetto ai limitati annunci della parte di keyword advertising.
Il SEO è uno strumento che deve prima essere capito: si tratta di una soluzione che necessita di una minima conoscenza tecnica ed è necessario investire del tempo e del denaro in qualcosa che è meno misurabile rispetto alle campagne sui motori di ricerca. Ma lo sforzo iniziale viene ripagato da una presenza che nel lungo termine porta ad avere dei contatti ad un costo/cliente sempre più basso nel corso del tempo.
Il mio consiglio è quello di considerare da subito il SEO come parte integrante del nostro lavoro, averne una conoscenza di base ed utilizzarlo anche solo per ottimizzare i post di un blog e includerlo negli investimenti pubblicitari appena possibile, sempre a seconda della strategia di marketing. Ancora una volta, va evitato l’errore di concentrarsi solo sugli annunci pubblicitari che sembrano più veloci, perchè anche quelli necessitano in realtà di tempo per dare risultati concreti, e relegare il SEO a qualcosa da fare in seguito. Keyword advertising e SEO devono essere integrati.
Quando e come bisogna investire in una campagna mobile?
Il mobile è un settore in enorme espansione e deve essere da subito considerato come importante. Nel mobile abbiamo una pubblicità estremamente contestualizzata, cioè legata alle reali abitudini, interessi e azioni dell’utente. Si tratta di una forma di advertising che noi chiamiamo Context Based, e lo è molto più che nel web.
La pubblicità mobile funziona se è però correttamente tarata: gli annunci devono essere concepiti conoscendo esattamente dove verranno visualizzati e in che modo verrano veicolati. L’annuncio di una marca di scarpe distribuito genericamente su una rete pubblicitaria mobile è un discorso un pò generico, se invece compare in una applicazione che suggerisce le ultime tendenze della moda, o in una ricerca locale che avviene quando un utente cerca un negozio di abbigliamento nei dintorni, può dare ottimi risultati.
I tre errori più comuni che hai notato nelle recenti campagne di advertising online
Il primo è quello di dire cose che in realtà non interessano a nessuno. Molto spesso si parla dal punto di vista dell’azienda, del prodotto, di chi fa l’offerta, senza accorgersi che le informazioni, così proposte non coinvolgono proprio nessuno. E se una volta, con la televisione, l’utente si limitava a cambiare canale, ora con i social network si può addirittura diffondere un feedback negativo sull’impresa.
Il secondo è essere troppo invasivi. La fastidiosa pubblicità che interrompe il film al momento più bello, è ancora più insopportabile online, e un approccio del genere non solo porta a risultati deludenti ma genera anche irritazione nei confronti dello sponsor che si sovraespone.
Il terzo, relativo al mondo social, è quello di non comprare Fan su Facebook o follower di Twitter. Non solo non dà i risultati sperati ma con un minimo di attenzione l’utente se ne accorge, e si genere un danno di immagine rilevante.
Roberto Trizio